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In cammino con un figlio o una figlia, non capita a tutti. Una bella occasione. Il camminare per molti giorni insieme è strumento di vicinanza, intimità, complicità. Per cui per un genitore è una grande occasione. Se poi è proprio il figlio che ve lo chiede: “papà facciamo il cammino di Santiago insieme?” l’occasione va colta al volo.

Se la figlia poi è adolescente, ha diciassette anni, e alla compagnia del proprio gruppo per venti giorni sceglie quella del padre, è un regalo che cade dal cielo.

Il cammino mette genitori e figli sullo stesso piano.
Si cammina senza gerarchie, si rivoltano i rapporti consolidati.
Il genitore e il figlio si scoprono con uno sguardo nuovo,  debolezze reciproche che non si conoscevano, ma anche forze, energie inaspettate, determinazioni sorprendenti.
Credo che da genitori dovremmo interrogarci sul potere educativo di un cammino con i nostri figli, nelle due varianti “un genitore/un figlio” e ” tutta la famiglia insieme”. Anzi, la mia proposta è di lavorare affinché questa pratica si diffonda come rito familiare, al pari delle vacanze estive, dell’anno di studio all’estero e dell’indipendenza con l’uscita da casa. E i precursori come Giorgio e Chiara, è cosa buona e giusta che ci raccontino la loro esperienza.
Nella mia attività di guida professionista mi è capitato tre o quattro volte di avere in gruppo dei papà con le loro figlie adolescenti minorenni, ovviamente la situazione era diversa perché il rapporto privilegiato non è più quello genitore/figlio ma quello col gruppo. Ma quello che ho notato è la facilità e la spontaneità di come in cammino un diciassettenne si trovi a suo agio
con adulti molto più vecchi. È vero quando si dice che il cammino è una livella, in cammino non esistono differenze sociali, economiche, geografiche e anagrafiche. Si è tutti alla pari, camminare crea uguaglianza.
Ecco quindi che il rapporto genitori/figli viene in cammino rivoluzionato, e un genitore che non lo capisce subito e pretende di far valere la propria autorità rischia di trovarsi lui fuori luogo. Il genitore che invece sta al gioco della livella, scoprirà un mondo, e anche il figlio rimarrà sorpreso, da un cammino nascerà un rapporto nuovo tra i due. Non è quindi lontano dal vero pensare a un cammino genitore/figlio anche come terapia familiare, in caso di grossi problemi, conflitti, o dolori.

Vorrei segnalare un’altra esperienza interessante del Cammino di Santiago percorso col figlio, Elisabetta Orlandi ha camminato col figlio Johann di otto anni e la lettura del suo libro-diario “Un milioneottocentomila passi” (Edizioni Paoline 2012) può aiutare molti genitori. La forza di questo diario sta nel fatto che l’autrice vive questo Cammino con grande gratitudine, ogni passo è un ringraziamento per poter camminare con suo figlio.
Altri libri sull’argomento li ha scritti lo psicoterapeuta Andrea Bocconi, che ha camminato insieme alla figlia Martina e a un altro papà, Claudio Visentin, e il figlio di lui Pietro, in Abruzzo in compagnia di due asinelli, nel divertente libro “In viaggio con l’asino” (Guanda 2009).
Altro libro di Andrea Bocconi è “India formato famiglia” (Guanda 2011) che non è un cammino ma un lungo viaggio in India, un viaggio pensato proprio per calzare a pennello sia ai genitori che ai figli, senza sacrificare le esigenze di nessuno, anzi traendo forza familiare dalla diversità. Un libro che diventa un manuale per famiglie al viaggio.

L’invito quindi ai genitori e ai figli è di provare, almeno una volta nella vita, un cammino insieme. Prima che sia troppo tardi, è una di quelle esperienze che se non fatte quando era il momento, poi potrebbero essere rimpiante a lungo.

Luca Gianotti
(prefazione al libro di Giorgio Càeran “Papà, andiamo a Santiago?”)

autore de “L’arte del camminare”, guida, esperto di cammini: www.lucagianotti.it

Nella foto: Giorgio Càeran a Santiago con la figlia

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