di Luca Gianotti

 Ho incontrato Mauro Raisi in Sardegna, alla partenza del viaggio a piedi di cui sono da anni la guida. E’ il socio più anziano della nostra associazione, e la sua storia di camminatore è talmente incredibile che vale la pena di essere raccontata.

In Sardegna Mauro si è dimostrato un buon camminatore, con passo lento ma costante, organizzato e preciso con le sue cose, e alla sua età dormiva tranquillamente per terra senza lamentarsi.

Ma ecco la sua testimonianza:

Mi chiamo Mauro Raisi, ho 77 anni, vengo da Modena. Questa è la mia storia. Sono appassionato di musica lirica e per 54 anni il mio lavoro è stato il sarto. Avevo una bottega nel centro di Modena, in Via San Giovanni Bosco, e facevo il sarto come adesso non si fa più: io prendevo le misure ai clienti e tagliavo la stoffa, mia moglie cuciva. Ci voleva una settimana per confezionare un abito su misura.

Ma ora vi racconterò la mia storia di camminatore. Nel 1996 avevo 72 anni, ero già in pensione e avevo dei sogni nel cassetto che mi portavo dietro fin da bambino, quando vidi sulla rivista Epoca una notizia su di un trekking in Nepal, Valle del Lantang per la precisione. Che sarà mai un trekking? Pensai. Chiesi a mio figlio, che conosce l’inglese. “Vuol dire semplicemente camminare” mi disse. Telefonai per curiosità alla guida alpina Martino Moretti, capospedizione, che tra l’altro aveva scalato anni prima il K2. Mi chiese l’età. “72 anni” risposi. E lui: “Non c’è problema, e la salute com’è?” “Tutto a posto!” “Che esperienza di montagna ha?” “Ogni estate vado a Serra Mazzoni…” Ah, bene, disse. (più tardi la guida confesserà che aveva scambiato il nome Serramazzoni, località collinare dell’Appennino modenese, con un montagna della catena americana, tipo Serra Nevada, Sierra Madre, le Sierra californiane!).

Dissi allora a mia moglie che partivo per una spedizione nel Nepal: “Cosaaa? – incredula – ma sei diventato matto?”.

Venne il momento di preparare il materiale, a me mancava tutto quello che la lista indicava, non ero mai stato in montagna; avevo solo un vecchio paio di scarponi in soffitta, così comperai tutto nuovo, tranne gli scarponi. Erano scarponi con la para sotto, per girare in città d’inverno, ma allora non sapevo la differenza.

La guida mi prese in tenda con sé, per darmi una mano. Quando vide i miei scarponi disse: “Cosa sono          quelli?” “I miei scarponi!” “Ah!” disse lui.

Partiamo a camminare, e dopo 200 metri, nel saltare un ruscello ho preso contro un sasso e gli scarponi si sono aperti. E la guida: “Cominciamo bene!”

Aveva un paio di scarpe tipo ginnastica che usava la sera,  le pescò nello zaino e me le passò. Erano 3 numeri più grandi. Ho fatto poi tutto il trekking con quelle.

La guida mi teneva sempre d’occhio, mi chiedeva come andava, io rispondevo sempre che non c’era nessun problema, lui restava un po’ perplesso.

Arrivati in quota mi fece visitare per benino dal medico della spedizione: cuore e pressione, tutto ok.

Una notte, in tenda con la guida, mi addormentai subito, ma verso le due mi svegliò agitatissimo chiedendomi se ero ancora vivo. “Che diavolo succede?” Il buon Martino aveva sentito qualcosa di gelido sulla faccia e immediatamente aveva pensato alla mano di un morto…la mia.  Col cuore in gola aveva sobbalzato, aveva acceso la lampada e mi aveva dato uno scossone, per poi constatare con sollievo che ero vivo: si trattava di un grosso rospo che si era intrufolato nella tenda e che gli aveva sfiorato il viso!

Non sto a raccontarvi tutto il viaggio, bello e faticoso per me che ero così inesperto. Sono arrivato fino a 4.800 metri e la mia saluta era sempre ottima.

Tornato a casa dissi a mia moglie: “Questi sono pazzi, non farò mai più niente di simile!”

Ma l’anno dopo ho telefonato di nuovo e mi sono iscritto a un secondo trekking in Nepal, questa volta nella Valle dell’Hinku. E ho continuato. Quando mi chiedono se cammino regolarmente rispondo che vado a piedi tutti i giorni a trovare mio figlio, che abita nella bassa modenese a qualche chilometro da casa mia. E almeno una volta all’anno riparto. Ho fatto il GR 20 in Corsica in 2 anni, prima la parte Sud poi la parte Nord,, ho fatto il giro a piedi dell’Etna, sono stato a camminare in Patagonia, sono arrivato a piedi al ghiacciaio del Perito Moreno. Poi, con la Boscaglia, l’anno scorso ho fatto il trekking dell’Aspromonte e ora la Sardegna. Programmi per il futuro? Ancora non so!

Mauro Raisi è la dimostrazione vivente di come la volontà ci possa portare a fare cose impensabili, e di come non è mai tardi per iniziare un’attività così meravigliosa come camminare. E vederlo ringiovanire di giorno in giorno lungo il percorso, saltellando di roccia in roccia, è stata la dimostrazione di come camminare sia la migliore terapia possibile.

Pubblicità