» Sommario delle recensioni

“Pensieri viandanti”, autori vari (a cura di Italo Testa)
vol. 1 “Antropologia ed estetica del camminare”, Diabasis, 2008, 8 euro;
vol. 2 “L’etica del camminare”, Diabasis, 2009, 10 euro;
vol. 3 “Poetiche del camminare”, Diabasis, 2010, 10 euro.
Vi segnaliamo tre libretti che raccolgono interventi di autori vari, dedicati alla filosofia del camminare. Sono le sintesi degli interventi al seminario di studi Pensieri Viandanti che si teneva ogni anno a Berceto, gli autori sono tanti, tra i brevi interventi si trovano anche piccole perle di riflessione, segnaliamo in particolare Erri De Luca, David Le Breton e Francesco Tomatis nel primo volume, di nuovo Erri De Luca, Giuliano Scabia e Marco Aime nel secondo volume. Il difetto principale della filosofia occidentale nelle sue riflessioni sul camminare è il dualismo tra camminare e pensare, quasi mai risolto, per cui il camminare o è semplice strumento per aiutare a pensare (dai peripatetici in poi), o è gesto estetico un po’ fine a sè stesso (i flaneur sono l’esempio), sicuramente una riflessione su questo sarà d’obbligo in futuro.


 

Tomas Espedal, “Camminare. Dappertutto (anche in città)”, Ponte alle Grazie, 2009
Scrittore che non riesce a scrivere, disperato, depresso, ha appena terminato una storia d’amore, e decide di mettersi in cammino. Inizia così il libro “Camminare” del norvegese Tomas Espedal, che per entrare nello spirito giusto si butta sulla letteratura classica di noi camminatori, partendo da Jean Jacques Rousseau. E cerca ispirazioni letterarie per i suoi cammini, andare a piedi alla baita di Heidegger, o alla casa natale di Rimbaud, o da Parigi a piedi fino alla casa di Erik Satie… La cosa che colpisce subito di questo libro è la conferma che il movimento dei nuovi camminatori, a cui ci sentiamo di appartenere da anni, è ormai mondiale, in ogni cultura si ritrova la stessa filosofia del camminare, le stesse letture e ispirazioni, insomma sembra davvero un bisogno non indotto ma spontaneo e necessario, quello di camminare per ritrovare se stessi.
All’inizio Espedal non sembra per niente convinto della sua idea: “Chi è stato per strada per qualche mese, sa che il viaggio a piedi è crudele e distruttivo. Non hai una casa. Dormi all’aperto. Sei un estraneo e susciti sospetti. Sei sporco e affamato, sei solo, cammini soltanto, piove e tira vento, dormi, se qualcuno è abbastanza caritatevole, in un fienile o una pensione; ciò che possiedi lo porti sulle spalle, le gambe ti fanno male, il corpo ti fa male, senti la mancanza di un letto e di una donna”.
Ma poi il cammino diventa redenzione. E Espedal entra nel ruolo, sente i vantaggi psico-fisici del cammino. Prima in Norvegia, poi nelle periferie di Parigi,  poi in Grecia e infine in Turchia, sulla via Licia. Sempre più nel ruolo di camminatore vero, sempre più purificato.
Libro discontinuo… con un obiettivo difficile, solo in parte raggiunto: avvicinare un’attività contemplativa e sedentaria come la scrittura con il senso di libertà e leggerezza del trekking.


 

Bruna Scalamera, “Camminatori di Dio”, Liberodiscrivere, 2009
“A chi cammina non si muovono solo gli astratti pensieri nel cervello, ma si mettono in movimento carne e sangue, così le sapienze inconsce depositate negli organi possono mobilizzarsi, montare in alto e riaffiorare nella coscienza.” Così scriveva l’esperta di fiori di Bach Mechthild Scheffer qualche anno fa. E il libro di Bruna Scalamera ne è una prova. Bruna ha camminato fino a Santiago in quaranta giorni nel 2003, scrivendo un diario molto profondo, pieno di riflessioni intime ma anche condivisibili. Ha poi rivisto il diario e lo ha pubblicato nel 2009. Per i camminatori appassionati e per i pellegrini interessati ai sentimenti lungo il cammino è una bella lettura, anche se 425 pagine scritte fitte sono davvero un po’ tante.
Bruna ha preso consapevolezza del potere del camminare. A metà del suo viaggio ha un’esplosione emotiva, e con un commento inserito un anno più tardi dice di questo suo cambiamento in atto: “Di giorno in giorno ero interiormente sempre più aperta, ma ne ero consapevole solo fino ad un certo punto. In effetti attraverso il varco entravano ed uscivano sempre più cose. Entrava la Vita, nei suoi molteplici aspetti”.
Lei si è sentita subito “camminatrice di Dio”, è il diario di una credente, ma è il diario soprattutto di una donna profonda, capace di leggere dentro di sè e dentro le persone che incontrava lungo il cammino. Perchè, come dice lei, “il vero piacere risiede nel profondo”.


 

Piergiorgio Odifreddi – Sergio Valzania, “La via lattea”, Longanesi, 2008
L’idea è buona: far camminare insieme, da Roncisvalle a Santiago de Compostela, un ateo impenitente e un cattolico “dubbioso”, facendoli discutere di massimi sistemi. L’ateo impenitente è il matematico e scrittore Piergiorgio Odifreddi, il cattolico, in realtà ben poco dubbioso, è il giornalista Sergio Valzania, direttore di RadioRai che già da anni coordina le trasmissioni di RadioTre di pellegrinaggi radiofonici.
I due camminano e accendono diverbi intellettuali, schermaglie tra scienza e fede, dialoghi di stampo illuministico, su etica, filosofia, religione e arte.
Qualche volta i dialoghi sono interessanti, arricchiti dal fatto che il camminare aiuta i pensieri a sciogliersi. Qualche volta sono un po’ esercizi di stile, dissertazioni da intellettuali, mancano del pensiero “in moto” e fanno pensare a discussioni fatte a tavolino, forse la sera dopo cena.
In un tratto del percorso partecipa anche lo storico medievalista Franco Cardini, e allora il discorso si fa meno duello e più informativo. Poi ritorna in campo la discussione tra Odifreddi e Valzania, e la conclusione è piacevole, con ognuno dei due che riconosce all’altro “l’onore delle armi”.
Ecco un assaggio:
ODIFREDDI: “Quanto alle scarpe, prima di partire mi sono ricordato di due famosi versi dello Pseudo Ecclesiaste, che dicono: “C’è una scarpa per ogni terreno, c’è un passo per ogni cammino”. Quindi mi sono adeguato, e ho portato 5 o 6 paia di scarpe. Purtroppo non me le posso trasciare sempre tutte sul groppone, perchè sarebbero troppo pesanti: ogni giorno ne scelgo quindi un paio, nel senso che ne scelgo due paia. Dal punto di vista matematico la cosa è un po’ complicata, ma spero si capisca: ogni giorno scelgo due paia di paia di scarpe, cioè 4 scarpe singole appaiate due a due, e un paio lo metto ai piedi, mentre l’altro paio lo metto nello zaino. È chiaro che mi illudo, a credere che siano le scarpe e non le gambe a fare il camminatore…
Naturalmente tutto questo è legato alla spiritualità. È noto infatti che i cammini e le marce ingenerano nel corpo la produzione di endorfine, con conseguenti modificazioni chimiche nel cervello, che a loro volta vengono interpretate come esperienze spirituali da chi ha una mente di un certo tipo. In particolare, ci sarebbe più spiritualità se ci fossero più salite, ma purtroppo il Cammino di Santiago è spesso in pianura, e a volte addirittuara in discesa.
Il corollario è che, se uno è alla ricerca della spiritualità, più che qui farebbe bene ad andare a scalare qualche grande montagna!”


 

Manuel Lugli, “Alpinisti sottaceto”, Versante Sud, 2008
“Manuel è il compagno di viaggio che uno vorrebbe accanto. Assorbe i malumori degli alpinisti, se li carica e poi chissà dove li disperde. Non lo vedi ingrugnato neanche nel più intricato garbuglio nepalese”, così scrive Erri De Luca nella prefazione del libro di Manuel Lugli “Alpinisti sottaceto” (Versante Sud, 2008, 13 euro). Il libro è una collezione di 67 ritratti di alpinisti famosi e meno famosi, sono pillole, cartoline, ritratti gentili, che Manuel Lugli, alpinista e organizzatore di viaggi, ha costruito in questi anni di spedizioni in Himalaya e altrove. Ironia e leggerezza.
Continua Erri De Luca: “Manuel ama il largo e ha messo sotto i piedi un mappamondo di strade. Si innamora di geografia come un ragazzo. Ha un’altra specialità: è curioso della gente, delle persone, interroga poi sta zitto e ascolta…
Manuel ha deciso di svuotare il pacco dell’esperienza. Siccome non è un chiaccherone ha trovato la misura di poco superiore alla cartolina.”
Tra i ritratti, accanto a Messner, De Stefani e Diemberger, anche quelli di 2 guide a noi ben note: Claudio Ansaloni e Luca Gianotti.


 

Gary Snyder, “Ritorno al fuoco”, Coniglio Editore, 2008
Quando esce in Italia un libro di Gary Snyder si deve celebrare l’evento in modo appropriato. Intanto dobbiamo ringraziare Chiara D’Ottavi, che ne è la curatrice e la traduttrice, così come del libro precedente: è la sua passione che in questo momento ci consente di leggere gli scritti del famoso poeta capostipite dell’ecologia profonda e cantore della wilderness.
Poi si deve accogliere il libro con l’attenzione che merita: toccarlo, rigirarlo tra le mani, soppesarlo, sfogliarlo, avvicinarsi con cura. Le letture di Snyder sono complesse, su diversi piani, hanno diverse angolazioni. Ha tante cose da insegnarci questo selvatico uomo barbuto che vive nei boschi della Sierra Nevada californiana.
Il libro ha un bel titolo, “Ritorno al fuoco”, “Back to the fire”, che mi ricorda subito un altro maestro della wilderness, Jack London, e il suo famoso imperdibile racconto “To build a fire”. Apparentemente non centrano l’uno con l’altro, apparentemente. Il libro di Snyder non è un racconto, sono pensieri, articoli, prefazioni a libri di altri. Apparentemente disorganico, apparentemente. La vita di Snyder è apparentemente disorganica, artista della beat generation insieme a Kerouac e Allen Ginsberg negli anni ’60, poi boscaiolo, poi monaco zen, poi mentore dell’ecologia profonda, poi poeta vincitore del Pulizer, 4 mogli, tutto apparentemente disordinato, ma in realtà così armonico.
Nel suo libro ci parla di tante cose, a voi che ho incuriosito scoprirle. Io preferisco riportare una citazione, qui di seguito, bella carica di politica e di consapevolezza interiore, da sola questa citazione è in grado di presentare il libro:
“Molti dei nostri leader sostengono che la strada su cui siamo ora è quella giusta e che nessuno può fare meglio: politica, come al solito. È sempre lo stesso vecchio messaggio scientista, affarista e burocratico che snocciola la sua striminzita retorica di dati e di amministrazione. Oppure, ancora, quando si parla di “sostenibilità”, l’obiettivo è un limitato modello di ingegneria ecologica che possa garantire a una specifica risorsa di durare un po’ più a lungo (come l’erba, le acque o gli alberi), ma che purtroppo manca di quella visione che arrivi a comprendere la salute dell’intero pianeta. A fare la differenza sarebbe invece una posizione etica che riconosca il valore intrinseco della natura non umana e che coinvolga gli esseri umani in scelte morali e pratiche nei confronti del mondo naturale.
“Considerate l’intero Creato come una goccia di rugiada, una bolla, una nuvola, un lampo”. così si conclude il Sutra del diamante , ricordandoci l’irriducibile impermanenza del mondo. La sostenibilità non può essere qualcosa di permanente. Un commento ironico potrebbe essere: “La sostenibilità è impossibile fisicamente, ma è un gran bel sentimento”. La ricerca della permanenza ci ha sempre portato fuori strada, sia che si tratti di castelli di pietra, di Grandi Muraglie, di Piramidi e Tombe dei Re (…) Dobbiamo vivere nel cambiamento, come un uccello vive sulle ali, e così facendo permettere anche a tutti gli altri esseri di vivere. Non la permanenza, ma il “vivere in armonia con la Via”.


 

Paolo Caucci – Paolo Asolan, “Cammini in Europa”, Terre di Mezzo, 2009
Un libro-intervista a Paolo Caucci von Saucken, professore universitario specializzato sul pellegrinaggio compostellano e francigeno, fondatore del Centro studi compostellani e rettore della Confraternita di San Jacopo di Compostella. Intervistato dal sacerdote esperto di Santiago Paolo Asolan. Ogni capitolo parla di un cammino, si parte ovviamente da Santiago di Compostela, si parla poi della Francigena, della via per le Puglie e della via verso Gerusalemme, Caucci racconta in modo semplice, in questo dialogo con Asolan, la storia dei pellegrinaggi antichi e moderni, fino alla sua esperienza personale, di camminatore, hospitalero e studioso. Per camminatori colti, o semplicemente curiosi della storia dei cammini.


 

Bill Bryson, “Una passeggiata nei boschi” Guanda, 2000
Divertente ed istruttivo, racconta di come l’autore e un improbabile amico, entrambi alle prime armi con il trekking, decidano di percorrere i 3.000 km a piedi dell’Appalachian Trail negli Stati Uniti. Chiaramente l’impresa non verrà portata a termine. Divertenti i ritratti dei camminatori incontrati lungo il percorso.


 

Andrea Bocconi, “Di buon passo”, Guanda, 2007
Per primo fu Bill Bryson, che nel suo libro “Una passeggiata nei boschi” (Guanda, 2000) descrisse come uno scrittore senza esperienza alcuna potesse decidere di camminare i 3400 kmdell’Appalachian Trail. Libro molto divertente, con questi due escursionisti inesperti a cui capita di tutto… poi fu Enrico Brizzi, che nel suo “Nessuno lo saprà” (Mondadori, 2005) racconta del suo viaggio a piedi dall’Argentario al Conero, anche lui e i suoi amici poco esperti e quindi divertenti tutti gli imprevisti a cui vanno incontro…  poi fu l’idea di Radio Tre di far camminare personaggi famosi lungo il cammino di Santiago e sulla Frangigena… ed è scoppiata la moda! Le case editrici pubblicano racconti di viaggi a piedi e pellegrinaggi, meglio ancora se di persone senza esperienza alcuna. Prima i libri di avventura erano quelli scritti dai super specialisti, dai superuomini, dagli Alpinisti con la A maiuscola. Ma erano letti solo da una nicchia di avventurosi. Ora “tira” il viaggio a piedi raccontato da chi è alla prima esperienza. Le persone ci si ritrovano, probabilmente, si identificano con le disavventure, e queste avventure alla portata di tutti fanno sognare più della scalata all’Everest.
Tutto questo per introdurre un libro che è in questo filone, pubblicato da una casa editrice prestigiosa, in cui un non-scrittore (uno psicoterapeuta) e non-camminatore (alle prime armi), decide di camminare 20 giorni in Toscana, va in un negozio di materiali da trekking, compra tutto il necessario, e parte. Bocconi è persona gentile e sensibile, quindi sa cogliere lungo il cammino gli aspetti delicati e profondi dell’incontro con l’altro, che fatto a piedi ha un valore particolare. Uno su tutti: l’incontro con suor Chiara del Cerbaiolo, che molti camminatori conoscono.  E l’idea di valorizzare non l’esotico ma il vicino a casa è sempre bella. Infine alcune riflessioni sul cammino e sul pellegrinaggio (Bocconi cammina seguendo suggestioni francescane) sono piacevoli. Quindi il libro è lettura piacevole, anche se non aggiunge poi molto alla letteratura sul camminare. Ma un invito a chi ambisce scrivere sul camminare e alle case editrici: vi preghiamo, da adesso in poi, di cambiare, servono nuovi stili, nuovi argomenti, per tenere il genere in vita!


 

Claudio Sabelli Fioretti con Giorgio Lauro, “A piedi”, Chiarelettere, ottobre 2007
Nella recensione precedente parlavo del genere letterario “viaggi a piedi raccontati da inesperti”, genere che parte da lontano e che ora è di moda. Il libro di cui parlo oggi è uno degli ultimi del filone. Claudio Sabelli Fioretti è giornalista spiritoso e impegnato, fu direttore di Cuore, per intenderci. E questa estate ha organizzato un viaggio a piedi da Masetti, frazione di Lavarone a Cura, frazione di Vetralla, due luoghi a lui legati (in uno ci vive, nell’altro ci nacque), ma di ben poco interesse per tutti gli altri. Insieme a un compagno della sua razza, Giorgio Lauro, altro giornalista (Caterpiller, Catersport) ha unito i due punti con una retta, e hanno camminato per più di un mese passando per l’Italia più qualunque. Non è stata una camminata spirituale, né filosofica, sebbene i due si siano preparati leggendo la letteratura di moda sul camminare: Le Breton, Duccio Demetrio, Enrico Brizzi. Le premesse non sono confortanti: il viaggio è organizzato perché, come dicono loro, “in giugno non avevamo un cazzo da fare”. E poi è stato organizzato per farne un evento mediatico: dirette con Radio2 e Radio3, blog, sms e telefonate durante il cammino, i due sembravano due mostri tecnologici: satellitare, tre telefonini sempre squillanti, computer per scrivere il blog, telecamera per registrare ogni giorno, macchina fotografica, mp3, insomma non viaggiavano leggeri. E non erano mai soli, continuamente si univano a loro in cammino persone che leggevano di loro su internet o che li ascoltavano alla radio.
Le premesse non erano per niente buone, ma invece Sabelli Fioretti ha scritto un libro simpatico e utile. Utile perché fa ridere, e questo è prezioso. Utile perché fa anche riflettere su tanti temi, per esempio quando vuol distinguere tra chi fa trekking per vedere bei paesaggi e loro, che non rifuggono anche l’asfalto, le periferie, le statali, anzi,  di questo è fatto il loro viaggio.
Quindi durante la lettura mi ricredo dopo poche pagine, e dico “bravi”. Perché anche se si parla molto di vesciche, di cibo in eccesso, di loro amici, in un vortice di autoreferenzialità, il libro contiene alcune perle interessanti.
Potete anche dare un’occhiata al loro blog: http://www.apiedi.blogspot.com/
Sabelli Fioretti e Lauro saranno ospiti anche al festival Passoparola a Berceto (PR), il giorno 13 giugno alle ore 20.30, per essere precisi. Motivo in più per venire.
Ultima raccomandazione: se volete partire anche voi, non seguite il loro esempio, un errore dietro l’altro!


 

Yvon Chouinard, “Let my people go surfing” Vivalda, 2009
Chi lo dice che gli imprenditori siano tutte persone impettite in giacca e cravatta, tesi solo a fare più soldi possibili a scapito di tutto e tutti? Un esempio diverso è dato da Yvon Chouinard. Tutti gli alpinisti e gli escursionisti esperti conoscono Patagonia come l’azienda che produce il meglio dell’abbigliamento per la montagna. Pochi conoscono Chouinard, il suo proprietario. Ed era difficile immaginare che Chouinard abbia avuto così tanto successo rispettando importanti regole etiche, Chouinard, che da squattrinato fricchettone appassionato di alpinismo, surf e avventura, negli anni ‘60 comincia a costruirsi i suoi attrezzi con l’obiettivo di fare le cose “per bene”, e pian piano arriva a Patagonia, un’azienda che ha una forte filosofia etica, prodotti di qualità costruiti per durare il più possibile, tra le prime aziende al mondo ad avere un asilo nido interno all’azienda già negli anni ’70, Patagonia che devolve l’1% delle vendite alle associazioni ambientaliste, Patagonia che ha come filosofia per i lavoratori “Let my people go surfing”, cioè “Lasciate che i lavoratori vadano a fare surf” o alpinismo, o a badare i figli malati, quando c’è l’occasione o è importante, quindi flessibilità massima di orari, responsabilizzazione… per non parlare delle recenti svolte di Patagonia, che ha deciso di essere più sostenibile rispetto all’inquinamento climatico cambiando il sistema organizzativo interno, e facendo produrre i prodotti là dove si vendono, per abbattere i trasporti, controtendenza con tutte le altre industrie, che producono dove la manodopera costa meno per trasportare i prodotti finiti dove ci sono i soldi per comprarli.
Questo libro, l’autobiografia di Chouinard, racconta questa bella storia e questa filosofia del lavoro, ed è molto consigliato a tutti quelli che vogliono trasformare la propria passione in attività, a chi vuole costruirsi il proprio lavoro, a chi è imprenditore, ai giovani a cui può insegnare tanto. Libro che negli Stati Uniti è stato un vero successo. Qualche volta il sogno americano è veramente un sogno, per noi rigidi e verbosi italiani capaci di analizzare ma incapaci di volare!


 

Paola Lugo, “Montagne ribelli” Mondadori, 2009
“Montagne ribelli” è un bel libro scritto da Paola Lugo e pubblicato negli Oscar Mondadori. Parte da una premessa importante: della resistenza e delle lotte partigiane ci siamo dimenticati, è una storia rimossa, si parla di quei fatti con noia e imbarazzo, segno che gli italiani non l’hanno ancora metabolizzata, perchè è stata una guerra civile, e dunque imbarazzante. Il libro ci propone di ricordare, di allargare la memoria, percorrendo 12 itinerari, 12 escursioni sulle tracce dei partigiani, ma non partendo da episodi storici, partendo piuttosto dai romanzi che narrano la resistenza, i classici di Fenoglio, Calvino, Meneghello, Rigoni Stern nelle Langhe, in Liguria, nelle dolomiti bellunesi e sull’altopiano di Asiago; ma anche libri dimenticati come “I giorni veri” di Giovanna Zangrandi, eroina e partigiana ma anche scrittrice; o libri recenti come la storia di Ettore Castiglioni in Val d’Aosta, o il romanzo di Guccini nell’Appennino tosco-emiliano, per finire in Versilia, sulle tracce di McBride e del miracolo di Sant’Anna di Stazzema, luogo del famoso eccidio. Ogni escursione ha la sua dettagliata scheda descrittiva, una premessa che collega la passeggiata ai fatti partigiani, e una bella collezione di foto d’archivio, foto che rendono il libro ancora più prezioso.
“Siamo i ribelli della montagna, viviam di stenti e di patimenti” era la canzone partigiana, le montagne ribelli sono un invito alla resistenza, di ieri e di oggi, senza cadere nella retorica ma con spirito critico.


 

Stefano Ardito, “La Via dei Lupi”, Iter 2009
Stefano Ardito, giornalista e fotografo tra i più esperti di escursionismo in Italia, ha studiato un nuovo percorso a piedi chiamato “La Via dei Lupi”, 12 giorni di cammino, circa 120 km, dalla periferia di Roma (Tivoli o Poggio Moiano) al cuore del Parco Nazionale d’Abruzzo (Pescasseroli e San Donato Val Cimino), passando per altre 4 importanti riserve naturali (Monte Catillo, Monti Lucretili, Monti Simbruini, Zompo Lo Schioppo). A cavallo tra Lazio e Abruzzo, dunque. Il libro che descrive il percorso è dettagliato, le cartine sono su base IGM 1:100.000, ci sono box di approfondimento sugli aspetti naturalistici, storici, e i punti d’appoggio per dormire lungo il percorso. La Via dei Lupi infatti è possibile percorrerla dormendo sempre in alberghi o b&b, non necessita di tenda o bivacchi.
C’è anche un sito internet curato dalla Regione Lazio, con i tracciati per il gps e i profili altimetrici: www.viadeilupi.eu


 

Luciano Callegari – Federico Leporen, “A Santiago lungo il Cammino del Nord”, Terre di Mezzo
Terre di Mezzo continua a pubblicare itinerari lungo i cammini spirituali. La novità di oggi è la guida al cammino verso Santiago di Compostela da Nord. È la prima guida in italiano del percorso che parte da Irun, sulla costa atlantica al confine con la Francia, e percorre tutto il tratto costiero del nord della Spagna per 847 chilometri. Passando dai Paesi Baschi, dalla Cantabria, dalle Asturie, per arrivare in Galizia e infine a Santiago. Percorrerlo tutto richiede almeno 49 giorni. È un percorso decisamente meno frequentato del classico “Cammino francese”, anche se è ben organizzato, e partendo con questa guida dettagliata, completa di descrizioni, mappe, informazioni pratiche e tracciato GPS, si può affrontare il cammino. Per chi ha già percorso il “camino frances”, per chi vuole evitare gli affollamenti di quel percorso, per chi vuole camminare in piena estate evitando il caldo dell’altro percorso, per chi è attratto dala suggestione di un cammino di fianco all’oceano.


 

Gianni Biondillo – Michele Monina, “Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città”, Guanda 2010
“Tangenziali” è il libro di due scrittori, uno architetto esperto di Milano (Biondillo), l’altro critico musicale (Monina) che decidono seduti al bar di fare il giro delle tangenziali di Milano a piedi, come due pellegrini, due viandanti, due penitenti. Biondillo è il camminatore più consapevole, ama camminare nelle città, e da architetto ha l’occhio di osservatore privilegiato. Monina ha il compito di dissacrare, è quello in dissintonia con l’impresa, anche se l’ha proposta lui.
Il percorso a piedi non viene compiuto in un’unica viaggio, ma in 10 giornate di cammino di circa 10 km l’una, con rientro a casa ogni volta (con mezzi pubblici). Milano non ha un’unica tangenziale, ne ha tre. Ma si può comunque fare il periplo della città, camminando ovviamente non sulla tangenziale stessa, ma sulle strade limitrofe, per scoprire un mondo diverso, un tempo era tutta campagna, ora sono vecchi borghi agricoli, ma anche carceri, cimiteri, fabbriche dismesse, vicino alle torri splendenti di Mediaset.
Ogni giorno di cammino è un capitolo, diviso in due parti, quello che vede Monina e quello che vede Biondillo (più qualche foto per la verità stampata male). Camminare per conoscere le periferie da vicino.


 

Enrico Brizzi – Massimo Fini, “La Via di Gerusalemme”, Ediciclo Editore, giugno 2009
Enrico Brizzi ormai vive di camminare. Dopo i  due romanzi, ambientati lungo i suoi cammini dall’Argentario al Conero e la Via Francigena, ecco il  libro sul suo pellegrinaggio dello scorso anno, da Roma a Gerusalemme. E mentre vi scriviamo il nostro caro Enrico è in cammino lungo la Linea Gotica…
Il libro “La Via di Gerusalemme” è composto da 4 parti: una parte in cui Enrico Brizzi racconta, con il suo linguaggio ricco e affasciante, il viaggio compiuto con alcuni amici per due mesi, gli incontri, le disavventure, le emozioni. C’è poi una parte di schede storiche, interessanti e utili. Dopo la parte di fotografie, il libro si conclude con una vera e propria guida al percorso,  una descrizione tecnica delle 28 tappe italiane (da Roma a Brindisi, passando dal Regio Tratturo in Abruzzo e Molise, poi l’Irpinia, le Murge…)  e delle 8 tappe in Terrasanta. Per chi volesse farsi pellegrino.
Una citazione: “Qualcuno ci aveva detto che camminare in Israele sarebbe stato pericoloso; altri avevano ammonito che il nostro viaggio sarebbe stato interpretato come un gesto politico: di che segno, però, non era dato sapere. La realtà è che Uri non sembra così diverso dai beach boys romagnoli, sardi o salentini, nè dai giovani arabi che abbiamo visto tuffarsi in mare dalle mura di Acri. In spiaggia, dove non c’è posto per le divise, ci assomigliamo tutti, almeno più che altrove, e l’idea di dover scegliere come nemico qualcuno che appare così simile a te suona ancora più assurda.”


 

Paolo Giulietti, “A piedi a Gerusalemme”, Terre di Mezzo
È il titolo di una guida di Terre di Mezzo in cui si propone un cammino di 350 chilometri in Terra Santa, da Acri, porto in cui approdavano in passato pellegrini e cavalieri, fino a Gerusalemme. Da Acri si arriva a Nazaret, al Monte Tabor, al monte delle Beatitudini (sul lago Tiberiade), per poi proseguire in direzione Sud, paralleli al fiume Giordano, entrando nei territori occupati fino a Gerico e infine a Gerusalemme. Fino a qui sono 11 giorni di cammino, ma si può arrivare fino a Giaffa-Tel Aviv camminando per altri 4 giorni verso il Mar Mediterraneo. Le tappe sono mediamente lunghe (dai 16 ai 30 km al giorno), come si addice a un camminare pellegrino, e qualche volta si sovrappongono all’Israel National Trail. La guida è completa, e consente di partire senza indugi, perchè ci sono mappe dettagliate, descrizioni accurate, tutte le informazioni pratiche (tra cui l’inevitabile capitolo sulla sicurezza personale), tante informazioni culturali e rimandi biblici, notizie sul problema dell’approvvigionamento d’acqua. L’autore è don Paolo Giulietti, esperto di pellegrinaggi composteliani e francigeni.


 

Andrea Bocconi – Claudio Visentin, “In viaggio con l’asino”, Guanda, 2009
Andrea Bocconi è uno scrittore e psicoterapeuta di cui in passato abbiamo già segnalato il libro “Di buon passo” in cui raccontava le sue peripezie di camminatore inesperto. Claudio Visentin è professore universitario e giornalista di turismo. Martina e Pietro sono i loro figli. Nino ed Eva sono due asinelli, due degli asini che vivono al Casale Le Crete. L’ambiente è quello dell’Abruzzo, l’occasione è quella di un viaggio a piedi di questi 6 personaggi in cerca di…
Il diario di viaggio di Andrea Bocconi è molto divertente, coglie con sagacia e leggerezza alcuni spunti del viaggiare, piccoli drammi, incontri strambi, dialoghi, anche chi vi sta scrivendo è sbeffeggiato ben bene… d’altra parte gli asinelli sono i miei!
Ma non è certo per vanteria per essere citato che affermo che il libro, in uscita in questi giorni, merita di essere letto. Ma piuttosto perché nel filone ormai sempre più di moda dei racconti di viaggio di camminatori improbabili, questo libro si colloca proprio bene. E sugli scaffali prende posto vicino al divertentissimo Bryson di “Una passeggiata nei boschi”.  Per umorismo ma non solo. Claudio Visentin nella seconda parte del libro fa un interessante escursus storico sugli asini, sul viaggiare con loro, sulle regole per diventare asinai in poche ore, e sul confronto tra la loro esperienza e quella compiuta 130 anni fa da Robert Luis Stevenson nelle Cevennes in compagnia dell’asina Modestine.


 

Hape Kerkeling, “Vado a fare due passi”, Corbaccio
Altro libro del filone “camminatori improbabili”, secondo il mio modesto parere meno riuscito, è quello del comico più famoso di Germania, Hape Kerkeling, che percorre il cammino di Santiago partendo anche lui senza bene sapere perché.
Un pellegrinaggio anomalo, ben poco spirituale, l’umorismo tedesco probabilmente è diverso dal nostro, per cui sono più interessanti ai nostri occhi alcune riflessioni serie dell’autore. Che sicuramente è un personaggio. Lo dimostra il fatto che da quando in Germania è uscito questo libro sul Cammino i tedeschi sono aumentati di molto, e qualcuno si lamenta che non tutti sono proprio in spirito con il Cammino, ma più per vivere avventure improbabili anche loro…


 

Riccardo Carnovalini – Roberta Ferraris, “Sardegna a piedi”, Terre di Mezzo
Ancora Terre di Mezzo pubblica, nella collana Percorsi (www.percorsiditerre.it), “Sardegna a piedi” di Riccardo Carnovalini e Roberta Ferraris. Mentre il libro precedente propone un camminare pellegrino, questo libro propone un camminare attento al paesaggio e agli abusi su di esso. Riccardo e Roberta avevano infatti percorso l’intero periplo delle coste sarde in 80 giorni, segnalando e denunciando lo stato di degrado ma anche verificando che il 70% delle cose sarde è ancora integro, sebbene le speculazioni siano il grosso rischio a cui queste coste sono esposte.
Il libro propone 10 escursioni, alcune sono escursioni di un giorno, altre sono dei veri e propri mini-trekking di 4 giorni. Caprera, Golfo di Orosei, Iglesiente, golfo di Oristano, Capo Caccia, Golfo dell’Asinara, le coste sarde più belle vengono proposte con descrizioni, carte, informazioni pratiche e naturalistiche e qualche pagina del diario di Riccardo e Roberta, per far riflettere, mentre si cammina.


 

Christopher Somerville, “Lo scalino d’Oro”, EDT, 2009
Christopher Somerville è un giornalista di viaggi. Dieci anni fa la moglie, in occasione del suo 50esimo compleanno gli volle fare un regalo speciale: “un viaggio di due mesi, solo per te. Penserò io alla casa, ai figli, alle bollette. Ma a una condizione: non deve essere lavoro, quindi non pensare di scriverci articoli, di fare interviste. Solo tu in viaggio”. Niente telefonino o altro supporto elettronico: solo un compasso e un bastone da trekking. E Somerville decise di attraversare Creta da Est a Ovest, da solo. Il libro “Lo scalino d’oro” lo ha pubblicato adesso, dopo molti anni, perché un diario l’aveva tenuto. Ed è un bel libro, scritto molto bene, di piacevole lettura. Racconta soprattutto gli incontri, la gente di Creta, gente ospitale e speciale. 450 km a piedi, dal mare fino alle montagne innevate, e poi le pianure, le gole, i villaggi, dormendo in locande sporche o accoglienti affittacamere, oppure ospite ben accolto. E l’arrivo al mare dalla parte opposta, al monastero dello Scalino d’oro. Sono gli stessi luoghi dove accompagno 2 viaggi all’anno e dove ho organizzato il CamminaCreta, anche se il mio viaggio è stato più in montagna passando sulle cime più alte.


 

Jack London, “Preparare un fuoco”, editore Mattioli 1885
Arriva il freddo, quale miglior modo per affrontarlo che leggere al calduccio lo scrittore del Grande Nord, Jack London? C’è una riscoperta di London in questo periodo, con la pubblicazione di tanti testi interessanti.
Possiamo cominciare per esempio con un piccolo libro che contiene due versioni dello stesso racconto, “To build a fire”, in italiano “Preparare un fuoco”. La nuova edizione è a cura e tradotta da Davide Sapienza, amico di molti di noi (editore Mattioli1885, 9 euro).
È una storia che fa riflettere, a noi che amiamo camminare e camminare d’inverno. Un uomo che cammina nell’area del fiume Yukon, deve percorrere48 chilometri nella neve e improvvisamente si trova attanagliato da un freddo eccessivo (-50°) e deve salvarsi dal congelamento. Le due versioni del racconto (una del 1902 e una del 1910) hanno sviluppo e conclusioni diverse, e proprio questo confronto tra le due versioni ci fa riflettere sul rapporto tra il camminatore e la natura, sulla nostra sicurezza e sulla nostra precarietà, piccoli uomini di fronte a una natura più grande di noi, che crediamo di poter controllare. Come dice Adams nella postfazione, Jack London ci vuole mettere in guardia per non adagiarci sull’idea della superiorità umana. Questo libro è educativo, un monito contro l’eccesso di entusiasmo che spesso coglie gli alpinisti…


 

Jack London, “Cacciatore di anime”, Mattioli 1885
Davide Sapienza ha curato e tradotto un bellissimo racconto di Jack London, si intitola “The Red One”, in italiano “Il Rosso”. Lo trovate all’interno di un piccolo libro edito da Mattioli 1885, titolo “Cacciatore di anime”. Jack London, morto a soli 41 anni, negli ultimi mesi della sua vita scopre l’opera dello psicanalista Carl Gustav Jung. E i suoi racconti diventano vere perle, “The Red One” è da leggere perchè c’è tanto da riflettere in quelle poche pagine, sul rapporto tra Sè ed Ego, tra scienza e spiritualità, tra uomo e natura. Un plauso all’amico Davide che ci regala queste gioie (vi ricordo anche l’altro libretto per la stessa collana, sempre di Jack London, sempre imperdibile: “Preparare un fuoco”).

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